Amniocentesi: esami invasivi
Quando si può fare l'amniocentesi?
Effettuabile tra la 15ª e la 20ª settimana di gravidanza, l'amniocentesi verifica la presenza di 23 coppie di cromosomi e la loro morfologia. Normalmente non verifica tutte le possibili malattie genetiche del feto ma è molto importante per rintracciare la presenza di alcune patologie ereditarie, come la fibrosi cistica, la malattia di Tay-Sachs o il morbo di Huntington, e consigliata nei casi in cui sia stata rilevata la possibilità per il feto di essere affetto da sindrome di Down.
A chi è consigliata l'amniocentesi?
L'amniocentesi viene consigliata
- alle donne con Rh negativo che sviluppano un'immunità contro l'Rh positivo,
- se sono presenti anomalie morfologiche o infezioni
- se il medico ritiene necessario controllare lo stato dei polmoni prima che avvenga il parto.
Chi pratica l'amniocentesi?
L'amniocentesi viene effettuata da un ginecologo specializzato e prevede l'utilizzo di un ecografo per identificare una "sacca" di liquido amniotico lontana dal feto, si inserisce poi un ago sottile attraverso la parete addominale e quella uterina e si prelevano circa 15-20 cc di liquido. Non è una pratica particolarmente dolorosa, perché l'ago utilizzato, seppur molto lungo, è abbastanza sottile, ad ogni modo, molti medici preferiscono lo stesso praticare una anestesia locale che però anestetizza solo la pelle e non l'utero, dove normalmente si avverte il fastidio principale.
Perché l'amniocentesi è considerata una pratica invasiva?
Viene definita una pratica invasiva di analisi del feto poiché comporta un rischio di aborto e perché alcune donne lamentano crampi per diverse ore dopo l'intervento. Per cui l'importante è concedersi molto riposo dopo l'esecuzione di questo test e avvisare il medico se si dovessero verificare forti dolori o pertide vaginali di sangue.