Alla scoperta dell’ovodonazione
I numeri del centro per la fertilità ProCrea: oltre 520 coppie trattate in poco più di due anni. Tasso di successo del 54% al primo trattamento
Con un tasso di successo di oltre il 54% dei casi e oltre 520 coppie trattate in poco più di due anni, l’ovodonazione acquisisce un ruolo sempre maggiore per il centro di medicina della riproduzione ProCrea di Lugano. «Ad oggi abbiamo registrato 164 bambini nati grazie a questa tecnica e abbiamo 117 gravidanze in corso: risultati che ci permettono di raggiungere elevati tassi di successo. Senza considerare l’età della paziente, dopo la prima terapia abbiamo registrato una gravidanza nel 54% dei casi trattati», osserva il direttore medico di ProCrea, Michael Jemec. L’ovodonazione rappresenta quindi un’ulteriore possibilità per avere una gravidanza per coloro che hanno problemi di infertilità.
La vicinanza con l’Italia
Se si parla di ovodonazione, ProCrea è molto vicina all’Italia. Non solamente perché quasi il 90% delle coppie che hanno intrapreso il percorso di ovodonazione sono italiane, ma anche perché le terapie vengono tutte effettuate nel Bel Paese. «Grazie alla collaborazione che abbiamo avviato con una clinica italiana, operiamo con nostro personale anche oltre confine. Questo ci permette di essere più vicini ai nostri pazienti per una terapia che può rappresentare un ostacolo di tipo psicologico. In Italia è possibile fare il primo colloquio in una delle nostre sedi di Milano, Pavia, Novara, Vigevano, Taranto e prossimamente Roma; quindi avviare un primo percorso diagnostico. E, nel caso la terapia indicata sia quella dell’ovodonazione, tutto il percorso terapeutico viene fatto in Italia».
Cos’è l’ovodonazione?
«Parliamo di una tecnica di fecondazione assistita di tipo eterologo che prevede la donazione di ovociti da una donna ad un’altra», spiega Jemec. La tecnica può essere sintetizzata in tre passaggi:
«Una volta individuata la donatrice e verificata la disponibilità degli ovuli, la futura mamma viene sottoposta ad una preparazione endometriale al fine di predisporre il suo utero ad accogliere gli embrioni. Nel frattempo però, gli ovuli della donatrice vengono fecondati con il seme del compagno della ricevente - o nel caso di infertilità maschile grave, con il seme di un donatore. Quindi si procede con il trasferimento degli embrioni nell’utero della ricevente. Quest’ultima è una procedura ambulatoriale. Quindi si attendono i classici 15 giorni per fare il test di gravidanza e verificare il successo della terapia».
Ovodonazione: quando farvi ricorso
Il ricorso all’ovodonazione non è così raro: «Stimiamo infatti che tra le donne con problemi di infertilità, almeno una su cinque per coronare il sogno di diventare madre abbia la necessità di fare ricorso ad una donatrice di ovuli», aggiunge Jemec. «Si tratta però di un percorso che deve essere avviato solamente dopo aver effettuato approfonditi esami e aver diagnosticato evidenti problemi irrisolvibili in altro modo».
Di fatto l’ovodonazione è subordinata a precisi protocolli medici. Viene indicata in situazioni di esaurimento della funzione ovarica, di menopausa precoce fisiologica oppure di menopausa chirurgica ovvero indotta dall’asportazione parziale o totale delle ovaie per gravi patologie. «Anche nei casi di fallimenti ripetuti con le tecniche di procreazione assistita e nelle donne affette da endometriosi avanzata è bene iniziare a pensare al ricorso ad una donatrice», precisa Jemec.
Non certo ultimo, «nei casi in cui la donna sia affetta da malattie genetiche trasmissibili alla prole, è bene che si faccia un riflessione sull’opportunità o meno di affrontare un percorso di ovodonazione per evitare il rischio che i figli possano essere affetti della stessa malattia». In quest’ottica, aggiunge il direttore medico di ProCrea, «occorre tenere presente che in età avanzata, ovvero oltre i 40 anni, aumentano le possibilità di alterazioni cromosomiche negli embrioni: questo può dare origine non solamente a problemi nel portare a termine la gravidanza, ma anche a generare figli con gravi malattie».
La scelta della donatrice
Un nodo fondamentale e particolarmente delicato è rappresentato dalla scelta della donatrice. «Le donatrici vengono selezionate in modo accurato e sottoposte ad esami specifici: si tiene in considerazione l’età - in media hanno intorno ai 25 anni -, l’anamnesi familiare per verificare la presenza di sindromi ereditarie e la presenza di malattie infettive e genetiche», aggiunge.
Al medico spetta il compito di individuare la donatrice specifica per il singolo caso. «Reputiamo importante che tra donatrice e futura mamma ci sia una corrispondenza fisica e ci sia anche un riscontro sotto il profilo del gruppo sanguigno». Aggiunge Jemec: «Vista soprattutto la giovane età delle donatrici, come abbiamo registrato, i tassi di successo sono elevati. L’anonimato è garantito dalla legge sia per la donatrice, sia per la futura mamma».
L’importanza della progressività delle cure
«La progressività delle cure è un principio cardine di ProCrea. Questo perché non sempre e non necessariamente occorre affrontare un percorso con fecondazione in vitro; talvolta è sufficiente un’inseminazione intrauterina», conclude il direttore medico di ProCrea. «Fondamentale è individuare le cause dell’infertilità per procedere con il percorso più adatto».